In epoche lontane, secondo gli archeologi nell’età della guerra di Troia e della grandezza di Micene, uomini coraggiosi abbandonarono le loro case e le loro città, salirono su piccole navi dalle grandi vele e sbarcarono su lidi sconosciuti, popolati da uomini che parlavano un’altra lingua. I Greci portarono sulle coste ioniche le proprie usanze, i propri dei, le proprie ceramiche. Cercavano luoghi sicuri dove fondare nuove città. Desideravano porti protetti per le loro navi, terreni fertili ricchi di acque dolci, diversi dai loro, aridi e sassosi, dove coltivare grano e piantare olivi e viti.
L’attuale Tenuta Battifarano fu in uno di quei luoghi. Situata nella fascia costiera della Basilicata, anticamente abitata da popolazioni indigene chiamate dagli storici greci Chones ed Enotri, entrò a far parte di quell’ampia area conosciuta come la Magna Grecia. La denominazione di Enotri (da Oinotría/Enotria, ovvero terra del vino =oinos ), data dagli storici Greci alle popolazioni italiche dell’entroterra, testimonia la coltivazione della vite e un uso rituale del vino fin da tempi remoti. La conferma del consumo del vino arriva anche dal ritrovamento di un grappolo d’uva deposto in una tomba dell’entroterra lucano (tomba 216 di Chiaromonte, VI secolo a.C.).
Nel mondo greco il vino aveva una grande importanza sociale: il simposio, l’occasione in cui si consumava vino insieme, era il momento topico per riunirsi, incontrarsi, discutere, divertirsi e ritrovarsi in un luogo di concordia. Presso i Greci era simbolo della coesione sociale all’interno della polis ed espressione dei sodalizi dei ceti aristocratici riuniti sotto la protezione della divinità: Dioniso, dio del vino. Gli archeologi hanno ritrovato e studiato i meravigliosi corredi funerari delle necropoli della Basilicata: vasellame e strumenti funzionali alle cerimonie, con figurazioni del banchetto eterno e del simposio, per celebrare Dioniso e la raggiunta immortalità nell’Aldilà. Numerosi sono stati i ritrovamenti archeologici anche nelle terre dei Battifarano. I materiali, che vanno dall’età del Bronzo (XIII secolo a.C.) al I secolo a.C., testimoniano in questa zona una presenza continua di civiltà evolute. I preziosi reperti sono stati consegnati alla Sopraintendenza dei Beni Archeologici di Basilicata dalla famiglia Battifarano che è stata autorizzata a custodire alcuni pezzi. Uno dei più significativi, correlato al vino, è una piccola anfora a figure rosse del V secolo a.C. con Dioniso e il suo corteo e un particolare di questo vaso è stato riprodotto nell’etichetta “Akratos”.
Dal mare su cui si affaccia Nova Siri arrivarono le navi dei coloni greci: dapprima furono piccoli gruppi, poi i fondatori storici scelsero questa fertile fascia di terra per impiantare le loro nuove città. Trovarono condizioni ambientali eccezionali: una pianura solcata da cinque fiumi, un tempo ricchi di acque, che in pochi chilometri di costa si gettavano nel mare e che costituirono nell’antichità vie di collegamento di merci e civiltà. Due le grandi città che fondarono, ricche di opere pubbliche, di urbanistica pianificata, di canalizzazione del territorio, di strade e di templi riccamente decorati: Metaponto (città achea del VII secolo a.C. legata allo sfruttamento agricolo del territorio) e Siris-Herakleia (alla colonia ionica commerciale di Siris, fondata nel VII secolo e poi distrutta da una coalizione di altre città, seguì la creazione della colonia tarantina di Herakleia nel 433 a.C.).
Le grandi aree archeologiche possono dare l’idea al visitatore dell’ampiezza di queste città. Della loro ricchezza si trova testimonianza nei Musei Nazionali di Metaponto e Policoro: decorazioni architettoniche dei templi, ceramiche, gioielli, oggetti di vita e di morte che hanno un significato che va oltre del loro valore intrinseco ed evocano credenze mistiche e filosofiche. Proprio a Metaponto il filosofo Pitagora ebbe la sua famosa scuola. L’immaginario del mondo classico, gli usi quotidiani, il simposio, ma anche i temi della letteratura, trovano espressione nelle rappresentazioni figurate dei vasi a figure rosse, tra i più belli che siano mai stati prodotti nella Magna Grecia. Siamo, quindi, difronte alla culla della civiltà con siti e musei di interesse mondiale.
L’archeologia della città di Metaponto mostra la bellezza della sua pianta originaria inclusi i templi, il teatro e il quartiere ceramico. Il Museo Nazionale di Metaponto conserva splendide e rarissime ceramiche precoloniali, decorazioni architettoniche, corredi funerari di adepti alle discipline orfiche e poco distante si può ammirare il tempio dorico extraurbano detto “Tavole Palatine”. Sulla collina dell’attuale Policoro sorse invece la città di Siris-Herakleia, con la sua passeggiata fino al Castello del Barone e vista sul mare. E qui, presso il Museo Nazionale della Siritide, è possibile vedere ritrovamenti che vanno dalla preistoria all’età romana: offerte votive dai santuari, vasi a figure rosse, corredi funerari enotri.
Elisabetta Franchi, archeologa museologa